Intervista a Anna Fusco
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La vita ti pone gli ostacoli, i limiti li poni tu

Anna ha 30 anni e vive a Roma. Le prime cose che ti colpiscono di lei sono una rara educazione, una gentilezza sincera e una preziosa ironia nel raccontarsi.

Attrice, cantante professionista, modella e coach, sono solo alcuni dei tanti talenti che possono descriverla e dei tanti obiettivi che è riuscita a raggiungere affrontando e rompendo molti taboo.

L’incontro con lei ha svelato come alcuni schemi di vita possano, se ben radicati, limitare la nostra libertà fino a diventare dei veri e propri muri. 

Le sue parole ci hanno svelato però come abbatterli, andando oltre i limiti che noi stessi abbiamo contribuito a creare. Una storia che abbiamo accolto come un regalo inaspettato e che abbiamo voluto donare anche a voi.

Ciao Anna, è davvero un piacere conoscerti e grazie per aver accettato il nostro invito. Da dove faresti iniziare la tua storia?

Grazie mille, è un grande piacere anche per me. Io comincerei parlando della mia famiglia perché in questo senso sono stata molto fortunata. I miei genitori infatti mi hanno resa da subito indipendente, mi hanno messa davanti agli specchi e spiegato come fare qualsiasi cosa nel quotidiano, e di questo gli sono molto grata. Mi hanno anche dato la possibilità di scegliere se indossare la protesi o meno, inizialmente quando ero piccola la dovevo mettere almeno qualche ora al giorno per una questione di postura però poi a casa la volevo togliere perché per me è sempre stata un pezzo in più, un pezzo che io non ho mai avuto, quindi in realtà non ne sentivo il bisogno.  

Ad oggi la indossi in qualche occasione?

Allora io ad oggi mi sento molto autonoma, indipendente e non ho bisogno di nulla, però ho una protesi estetica molto bella, mi è stata fatta dalla Ottobock, ed è identica alla mia mano destra. La indosso nel caso in cui mi vengano richieste delle foto per la protesi, con la protesi o di sfilare con, o di recitare. 

Quindi diciamo che ne possiedo una, penso sia un diritto e poi magari può servire perché può essermi richiesta.

Ti è capitato di attraversare un periodo particolarmente difficile?

Io ho avuto delle difficoltà nella fase di pubertà, lì ti rendi conto che c’è una diversità oggettiva e ho dovuto fare i conti con me stessa. Immagina una bambina di dodici anni che non ha ancora una vita e se la deve creare, che non ha la maturità adatta, che non ha amici, io poi ero anche sovrappeso, insomma non è stato per niente facile. Perciò tendevo a nascondermi, non mettevo protesi però magari indossavo le maniche lunghe, cose di questo tipo. In realtà tutti mi volevano bene e mi dicevano che se ero io la prima a vedermi così e a starmene in disparte anche gli altri avrebbero avuto la stessa percezione.

Poi invece un bel giorno mi scoprii il monconcino, temevo le reazioni dei miei compagni, invece vidi che loro e anche i professori erano tutti contenti del fatto che non me ne preoccupassi più. Quella fu una bella lezione anche per me: compresi che era tutto un problema che mi ero creata nella mia testa e che non corrispondeva affatto al pensiero degli altri. Poi da lì ho cominciato a studiare canto, recitazione perché mi piacevano tantissimo, ho anche imparato un po’ a suonare il piano con la protesi e ho perso dei chili, insomma ho cominciato un po’ a dare forma ai miei progetti. 

C’è stata una esperienza che ti ha cambiata più di tutte? Che ha rappresentato in qualche modo una svolta?

Sicuramente un’esperienza che poi mi ha dato una spinta forte è stata Miss Italia.

Io ho partecipato due volte e con due approcci molto diversi : la prima è stata nel 2014 e in quel caso lo feci più per me stessa, infatti indossavo sempre la protesi, mi sentivo bene così e pensavo di aver sconfitto tutti i miei demoni. In realtà il fatto di mettere la protesi era proprio il sintomo che io non li avessi superati perché la indossavo anche alle prove, quindi avevo ancora difficoltà a mostrarmi e a essere me stessa. Dopo quel periodo infatti caddi in depressione e ho sofferto di attacchi di panico, ho cominciato perciò un percorso psicologico con cui mi sono resa conto che c’erano ancora questioni da risolvere e mi è servito tantissimo perché da lì è cominciato proprio un altro mondo; ho messo da parte la protesi, chiaramente la uso se me la chiedono perché non ho neanche problemi a metterla, ma ecco non me ne importa proprio più nulla.

E la seconda esperienza a Miss Italia invece? Perché è stata diversa?

Perché ero io ad essere diversa. La prima volta mi sono messa in gioco, volevo dimostrare a me stessa che potevo farcela, la seconda invece ho scelto di farla perché volevo lanciare un messaggio che è in primis quello che io posso fare tutto e così anche tutte le persone come me. Ho sfilato senza protesi ed è stato un bellissimo traguardo. Quello che voglio far capire è che la persona con disabilità se vuole può fare tutto. E se riesco a trasmetterlo e a testimoniarlo, questo messaggio assume un valore ancora maggiore perché posso aiutare gli altri che vivono o hanno vissuto la mia stessa situazione a sentirsi meno insicuri e a credere nelle proprie capacità. 

Questo è quello che faccio anche con mio lavoro da coach.

Di cosa si tratta esattamente? 

Mi ci sono ritrovata perché nel 2019 mi hanno chiamata per fare da coach e giudice alla finalissima di Miss Universe Italy, dove ho seguito le ragazze per una settimana di reality sulla 5, ed è stato bellissimo. In quello stesso periodo ho sfilato senza protesi alla Milano Fashion Week e anche quello è stato veramente bello e appagante. Dopo grazie ad un’intervista che ha raggiunto più di un milione di visualizzazioni sono stata contattata da tantissime persone e anche da due associazioni importanti italiane, per le quali ho cominciato a fare da coach come volontaria. Lì ho visto che veramente c’è ancora tanta strada da percorrere per una totale inclusione e accettazione. Per cui adesso qualsiasi cosa io faccia, la mia intenzione è sempre quella di portare un esempio, alle persone come me e anche alle loro famiglie; perché come ho già detto io sono stata fortunata ma non per tutti è così. E tutto questo è una grande soddisfazione di vita per me, tanto che alla fine ho studiato e mi sono presa anche il titolo come coach.

Pensi che ci dovrebbe essere più informazione riguardo alla disabilità?

Sicuramente sì, anche se penso che rispetto a molti anni fa l’informazione sia passata tanto e ci sia più inclusione, C’è anche da dire che adesso siamo proprio noi con disabilità ad aver abbattuto certe barriere e a mostrarci senza timore, spingendo così molto in questa direzione. Le cose piano piano si sono evolute. 

Nelle scuole forse invece mancano proprio i canali per poter arrivare a questa informazione, per questo con un’altra associazione prima del Covid andavamo nelle scuole facendo confrontare e riflettere i ragazzi su questo argomento, gli davamo la possibilità di fare tutte le domande che volevano e devo dire che è sempre stata una cosa molto costruttiva sia per loro che per noi.

Hai progetti per il futuro?

Sì ne ho due, molto importanti per me. Il primo è un cortometraggio in cui reciterò come protagonista e questo mi rende molto felice perché nella recitazione a differenza di altre discipline mi sento più sicura e contenta di potermi mettere in gioco. La storia parlerà di una ragazza come me a cui manca una mano, non sarà autobiografico ma chiaramente sentirò molto il personaggio. Il corto verrà anche presentato al Festival del cinema di Cannes e di Venezia. 

Il secondo progetto invece riguarda la mia partenza a settembre per la Fashion Week di Parigi. Andrò con un’agenzia di moda metà italiana e metà francese, saremo tutti ragazzi con una disabilità, quelli tra i più conosciuti nel campo diciamo, e avremo quindi la possibilità di sfilare, ma non sappiamo ancora con quale brand o stilista.

Benissimo Anna, vorrei concludere chiedendoti se hai un motto, una frase che pensi possa rappresentarti e includere anche il messaggio che vuoi trasmettere.

Sì assolutamente, il mio motto è: la vita ti pone gli ostacoli, i limiti li poni tu.

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